#laboratorio
con Riccardo Caporossi
dal 2 al 10 Dicembre h. 10-17
Il lavoro è finalizzato alla realizzazione di un’azione teatrale aperta al pubblico
Sabato 10 Dicembre
dal titolo
CUL DE SAC
Un fagotto,
una figura accovacciata e abbandonata,
un gruppo di figure.
Un fagotto composto di scarpe, pantaloni, giacca, cappello.
Un insieme di figure “preparano” quel corpo accovacciato e abbandonato,
simile ai loro corpi inermi.
L’azione inizia con una dichiarazione di assenza di forma, di vita, di apparenza e percorre la strada ardua dell’esistenza della forma, della vita, dell’apparenza.
Tormenti di figure, di semplici gesti quotidiani, di piccole storie. Frammenti che esprimono l’essenza “tragica” del vivere, perché è proprio la condizione umana intera ad entrare in gioco; condizione umana vista attraverso improvvise riflessioni di una moltitudine di persone che illustrano e preparano il ritratto e la rappresentazione dell’unico personaggio: lo sconosciuto.
Le presenze fisiche sono pure e semplici verità; solitudini di forme umane le quali mettono in luce le loro miserie fisiche e spirituali. E così, come per simpatia, quel personaggio è ciascuno di loro, piccole porzioni di quell’io destinato ad essere messo in questione.
CUL DE SAC – Nota sul laboratorio di Riccardo Caporossi
Quando sono chiamato a svolgere un lavoro di didattica disciplinare e di formazione il ruolo che mi compete ha la semplice qualità di portatore di esperienza e considero i partecipanti al corso come individui anche loro portatori di una, più o meno svelata, personalità. Questa collaborazione pone una costante riflessione: trovare un equilibrio tra la convinzione ideativi e la sensibilità di favorire l’espressività del singolo pur nella costruzione collettiva. Dando molta importanza a questo lavoro comune, l’idea drammaturgia che metto in gioco privilegia sempre un’azione corale in cui ogni elemento, il gesto, il suono, il rapporto con gli oggetti e lo spazio scenico, le caratteristiche stesse degli attori sono posti al servizio di quella idea.
Il mio compito è sempre quello di prestare attenzione al comportamento reale delle persone, di conoscere e riconoscere qualità legate alle manifestazioni apparenti, quotidiane, ai silenzi eloquenti e alle emozioni senza difese.
La regia costringe l’espressione dell’uomo-attore in una definita struttura dell’azione e suo compito è quello di fornire uno spazio (scenico) rituale che venga attraversato dai personaggi come azione reale di persone reali. E’ un principio semplice ma molto arduo da realizzare. Non c’è alcun training tranne quello di applicare costantemente il pensiero durante il lavoro; elaborare qualsiasi indicazione che viene data e farla propria come un segreto carpito. L’allenamento e l’esercizio che possono essere praticati nascono dallo sviluppo del lavoro e dalla necessità di curare il disegno collettivo, il ritmo e il tempo dell’azione imposti dal tema che si sta affrontando.
Un laboratorio è un luogo di lavoro che impegna sia la mente con i suoi meccanismi di ragionamento e di riflessione, sia l’applicazione volontaria o involontaria del corpo tra manualità e movimento fisico. A fondamento di una simile esperienza c’è la necessità di stimolare l’immaginazione e la libera creatività dei partecipanti. Un laboratorio è quindi un itinerario di creazione, un percorso conoscitivo che, tenendo conto delle caratteristiche e delle qualità individuali e di gruppo possa condurre ad una realizzazione pratica che sia il frutto della collaborazione dei partecipanti ed esempio di un lavoro comune.Un momento dimostrativo di un metodo di lavoro che partendo da una idea sviluppa una scrittura per immagini ed una drammaturgia direttamente sulla scena. Una forma teatrale che non è necessariamente demandata alla parola privilegiando maggiormente l’azione, il non- detto, il silenzio. È la presenza della persona che dà verità all’azione; una verità che si nasconde nel comportamento e si rivela nell’agire della persona, nel silenzio di un’azione. È un procedimento che tende ad asciugare, selezionare la parola, la gestualità in eccesso per lasciare il corpo, con tutte le sue funzioni (soprattutto quella di ascoltare) nel suo stato di bersaglio: alla vita che ci circonda alla presenza degli altri, agli oggetti che manipoliamo, agli sguardi per ricevere stimoli, emozioni, incertezza, dubbi, stupore lasciandoci trasportare in ambiti misteriosi, imprevedibili. La presenza dell’oggetto, al di là della materia che lo compone, è argomento unico in quanto anche esso è metafora, sottoposto ai sensi ma denso di implicazioni, rivelatore dei possibili discorsi, delle possibili narrazioni.
per info e iscrizioni navescuola.tvo@gmail.com
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