09 luglio 2015
Palazzo delle Esposizioni
#ilCommissario
DIMAGRIRE, CON GIUDIZIO
Perché pretendere la democrazia quando si può avere il Commissario?
L’ombra del Commissario si allunga sulla Città. S’infila nei posti lasciati vacanti, nelle crepe aperte di un sistema al collasso, prende parola laddove le amministrazioni si sottraggono, trova soluzioni, blinda, ripulisce: passa, lascia il suo segno e se ne va.
Il Commissario-Ombra è in città. È in azione, ha già commissariato musei, partiti, poteri di governo.
Mafia Capitale paralizza la città. Cosa accadrà a Roma? Il Comune verrà sciolto? Commissariato? Commissariato in parte? Quello che sappiamo è che Roma è in mano alle mafie e che le decisioni sul futuro della città saranno prese sulla base di equilibrismi di partiti, di poteri politici e di polizia.
L’attenzione dei media in questi mesi si è focalizzata sulla questione della legalità, ma ciò che sta accadendo a Roma è un problema politico. Lo scandalo di Mafia Capitale svela una modalità istituzionale di gestione del potere parallela a quella del potere ufficiale. È il sistema nella sua interezza ad essere in crisi. Mentre l’istituzione “ufficiale” sprofonda nell’immobilismo, opera un sistema di potere molto attivo che fa uso privato delle risorse pubbliche e gestisce materialmente soldi, cariche politiche e infrastrutture. L’abbiamo visto in azione in tutto il paese dai piccoli comuni alle Grandi Opere.
Ma chi è allora il Commissario? Dove si svuota la politica entra in scena il Commissario.
“Il Commissario mette le mani sulla cultura” e il Palazzo delle Esposizioni ne è l’emblema. Un Cda dimessionario – già frutto di scelte fallimentari e verticistiche – dichiara che è “impossibile fare cultura” nella Capitale a causa dei tagli insostenibili, e il Comune nomina un Commissario, ex-manager di Confindustria e Ferrovie dello Stato. Una sintesi delle politiche culturali degli ultimi dieci anni: musei affidati ad aziende, esternalizzazioni, standard “produttivi”, commissariamenti e ora la prospettiva di una privatizzazione perfetta, totale.
Nel suo ultimo rapporto, Federculture ha definito la capitale il “fanalino di coda” d’Italia.
Eppure non sembra che la di investimenti privati funzioni granchè, sempre da Federculture: tra il 2008 e il 2014 gli interventi delle Fondazione bancarie in arte e cultura sono calati del 49% (-12% solo dal 2013 al 2014), le donazioni liberali da privati e imprese al sistema culturale del 41% (-18,6% nel giro solo dell’ultimo anno). Ma non dovevano salvare l’arte italiana?
“Il Commissario si riappropria di tutto”. Il Teatro Valle, il Cinema America, il Rialto e Scup: spazi informali di produzione artistica che sono stati chiusi o di fatto disattivati. Stessa sorte per il Circolo degli Artisti e il Cinema Aquila: esperienze di tutt’altra natura, ma comunque punti di riferimento nella vita culturale cittadina. I cosiddetti Teatri di cintura messi a bando 2 anni fa ancora in attesa di un nuovo destino. Storiche sale teatrali che stentano a sopravvivere, cinema che chiudono. Sembra impossibile immaginare una progettazione culturale a lungo termine.
Invece di essere sostenute, queste esperienze sono state criminalizzate, o ignorate, o marginalizzate: perchè costituiscono per le istituzioni una minaccia al proprio potere. Ne è clamoroso esempio il caso di “Deliberiamo Roma”, quattro delibere scritte e proposte su iniziativa popolare e bocciate senza che si sia mai aperta una reale discussione in merito.
“Il Commissario fa cassa”. Gli spazi culturali pubblici che “funzionano” (= “incassano”) propongono per lo più una programmazione commerciale a prezzi inaccessibili. Zetema tiene in ostaggio gran parte del sistema culturale capitolino, monopolizzando i servizi e dettando le politiche culturali in città. La risposta a tutti i mali sembrano essere i bandi che – oltre ad essere per loro stessa natura improntati alla logica del ribasso e della competizione – finiscono per accontentare i soliti pochi e per risultare inaccessibili alle realtà territoriali che pure svolgono un lavoro prezioso.
L’unica linea – dettata dal governo nazionale e imposta alle amministrazioni locali – è la cessione ai privati: come il Colosseo in gestione a Mondadori Electa, Civita e CoopCulture.
“Il Commissario accentra il potere”. La latitanza politica di questa amministrazione è totale, manca una visione sul presente e sul futuro, mentre le soluzioni proposte sono dannose e inefficaci: bandi a pioggia, svendita del patrimonio, privatizzazione dei servizi. I risultati di questa politica d’emergenza già li conosciamo: amplificazione delle disuguaglianze e corruzione. Perché è proprio nel “Mondo di Mezzo” tra pubblica amministrazione e imprenditori privati che la malavita trova terreno fertile.
Ma non saranno maggiori controlli o pratiche burocratiche o inni alla trasparenza a risolvere il problema. Le alternative sono in mano alle cittadine e ai cittadini, non alla Magistratura.
A Roma esistono esperienze innovative importanti che nascono dal basso, che sperimentano modelli nuovi di gestione condivisa e democratica di spazi e di risorse ed elaborano strumenti giuridici innovativi. Un fare comune che costituisce l’unico antidoto al sistema della malavita organizzata.
L’unica democrazia reale è quella partecipativa.
Oggi, il Commissario ha tenuto un primo grande Discorso inaugurale a Palazzo delle Esposizioni
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