Teatro Valle Occupato | PRIMAVERA
sabato 13 aprile duemila 13
L’INARRESTABILE ASCESA DEI BENI COMUNI
processo/metodo/crisi della rappresentanza/decidere/cittadinanza/rete/diritti/
chi decide sulle nostre vite e cosa vogliamo/
oggi/ieri/domani/
cosa siamo e cosa immaginiamo diventare/ora/adesso
I BENI COMUNI
questo è il nostro orizzonte, questa la nostra proposta
FARE COMUNE, COSTRUIRE COMUNE
Il 13 Aprile al Teatro Valle Occupato una inedita alleanza tra studiosi/giuristi e le lotte che tutti i giorni praticano forme nuove di autogoverno, apre uno spazio politico nuovo che parte dal riconoscimento giuridico dei beni comuni e lancia una prospettiva di cambiamento radicale del sistema economico/politico/sociale del paese.
Saranno presenti Stefano Rodotà, Ugo Mattei, Edoardo Reviglio, Gaetano Azzariti, Maria Rosaria Marella, Giorgio Resta, Paolo Maddalena e i movimenti in lotta per i beni comuni.
Stefano Rodotà parla di beni comuni all’Università Ca’ Foscari di Venezia | un video
[In fondo alla pagina altri link (in)formativi sui beni comuni]
LA COSTITUENTE DEI BENI COMUNI A partire dagli spazi, dalle lotte, dalle soggettività che costruiscono conflitto, intelligenza politica e partecipazione, riapriamo i lavori di una commissione di studio avviandoli sulla base dei risultati della Commissione ministeriale per la Riforma del Libro III “Della Proprietà” del Codice Civile (Commissione Rodotà). Immaginiamo di sviluppare il lavoro collettivo su due piani: * a partire dalle innovazioni sperimentate nelle lotte – usi civici, sentenze, Statuti, .. – indagare quali strumenti giuridici siano da potenziare o da creare: una produzione giuridico-normativa sui beni comuni che la Commissione – composta da giuristi e studiosi di alto profilo – possa ascoltare e tradurre in articolati e proposte legislative. * la produzione collettiva di una scrittura politica – multitestuale, partecipata, emendabile e aperta – per potenziare lo spazio pubblico di discorso e di azione nell’orizzonte condiviso dei beni comuni. Un processo generativo capace di generalizzare lotte diverse e costruire immaginario. Come nasce la Commissione Rodotà Fra il 1991 e oggi, al fine dichiarato di ridurre il debito pubblico, l’Italia ha dismesso beni per un valore aggregato di 1400 miliardi di euro. Questa imponente svendita di beni pubblici è avvenuta al di fuori di qualsiasi principio giuridico ordinatore, in una condizione normativa obsoleta e del tutto inadeguata. Nel 2007 fu istituita una commissione parlamentare, presieduta dal Prof. Stefano Rodotà per studiare e proporre una riforma del Libro III della Proprietà del Codice Civile. Il disegno di legge, presentato in Senato, non è mai stato discusso. Da allora la vittoria dei referendum sull’acqua, le lotte sul territorio (dal No Tav a No Muos) e le occupazioni di teatri in tutto il paese hanno ridefinito e ricreato il significato di beni comuni. Si è profilata un’inedita alleanza fra cultura giuridica e le lotte legate ai beni comuni, in particolare a partire dalla rilettura di norme costituzionali da anni dimenticate, quali la funzione sociale e l’accesso alla proprietà di cui all’art. 42 e il riconoscimento di comunità altre all’art. 43. L’orizzonte delineato dalle lotte Attraverso le nostre pratiche vive, immagineremo modi di avere cura dei beni comuni che si trasformino in nuove forme di Statuti in cui le “comunità di lavoratori o utenti” siano finalmente protagoniste dei processi decisionali. La nostra lotta politica vuole farsi pratica costituente per invertire la rotta rispetto alle contro-riforme neoliberali e promuovere un’altra idea di cittadinanza, non solo formale. Temi di lavoro La loro istituzione, come categoria di beni, e la produzione di norme che ne regolino la tutela, le condizioni economiche, le forme di finanziamento, la gestione, la fruizione, saranno l’obiettivo del nostro agire politico generativo di un nuovo diritto vivo e legittimo. Il processo dei lavori sarà completamente aperto, in forma assembleare e pubblica e si configurerà con una modalità itinerante, ospitato di volta in volta da realtà attive nei diversi territori. Un’assemblea pubblica zero in cui possano incontrarsi le realtà interessate a questo processo e definire, condividendo tutti i passaggi, le prossime tappe e la metodologia comune dei lavori. |
http://www.tafterjournal.it/2012/12/28/cultura-bene-comune-una-riflessione-retrospettiva/
Ugo Mattei pubblica il manifesto sui beni comuni e sostiene: “ I beni comuni, una volta alienati o distrutti non esistono più, e non sono riproducibili o facilmente recuperabili né per la generazione presente […], né per quella futura […]. Ecco perché la questione dei beni comuni non può non avere valenza costituzionale: è nelle Costituzioni, infatti, che i sistemi politici collocano le scelte di lungo periodo sottratte al rischio di arbitrio del governo in carica”.
http://comune-info.net/2013/02/giuristi-a-scuola-dai-movimenti/
http://furiacervelli.blogspot.it/2013/02/la-commissione-rodota-riparte-dal.html
http://www.blogtaormina.it/2013/02/26/beni-comuni-un-manifesto-da-robin-hood-ai-giorni-nostri/148836
http://comune-info.net/2012/05/gli-artisti-dei-beni-comuni/
Diritti d’autore e il web bene comune. Marco Geronimi Stol
La propietà privata e i beni comuni. Ugo Mattei
Ciao TeatroValle! C'è per caso la diretta streaming di questo meeting?
Grazie!
si! tutta l’assemblea sarà in streaming. dalle 15.30. grazie a te.
Ciao Lorena, lo streaming è stato registrato? si trova il video da qualche parte?
Compagn@ del Valle, perché non aggiungete ai link anche il sito che curiamo in dipartimento a Perugia: comunemente.unipg.it? Vedrete, non è male!
Maria Rosaria ciao.
Ho con me il libro "Oltre il Pubblico e il Privato" uscito per Ombre Corte con Introduzione da te curata.
Sono un "operatore del diritto" di provincia (per "campare" – uso il verbo in forma transitiva come avrebbe fatto il grande Eduardo – la famiglia faccio l'avvocato in quel di Breganze (VI), profondo nordest) da sempre interessato ai tema dei beni comuni (declinati nelle forme storiche conosciute dal nostro sistema giuridico). Apprendo del Progetto per la Costituente dei Beni Comuni presieduta da Rodotà…ovviamente entusiasta di quel che vado via via leggendo, Ti chiedo se puoi darmi notizie su come poter "agganciare" l'iniziativa…il Bene Comune dei beni comuni è il solo futuro che abbiamo se vogliamo avere un Futuro!
Grazie.
Ti saluto caramente.
Concetto "Tuccio" Romeo
Quello dei Beni Comuni è argomento economico-giuridico antichissimo (risalente alla nostra tradizione romanistica!) e modernissimo (Nobel per l’economia assegnato nel 2009 ad Elinor Ostrom e al suo “Governare i beni collettivi” edito in Italia da Marsilio, Venezia, nel 2006) a un tempo: beni comuni, proprietà collettive, usi civici fanno e sono parte integrante della nostra tradizione giuridica, rappresentando “modi di possedere”, secondo definizione di un noto saggio di Paolo Grossi, cui i commentatori, nel corso dei secoli, hanno dato le più disparate definizioni e interpretazioni. Ne cives fame pereant, ne inerme vitam ducant era l’espressione usata dai teorici e dagli studiosi, specie di tradizione meridionalistica, per descrivere il fenomeno degli usi civici in cui, pur sempre all’interno del paradigma del diritto di proprietà inteso come ius utendi ed excludendi alios, si distingueva tra dominio eminente, spettante alla Corona (pubblico), e dominio utile inteso come diritto/i della collettività di trarre fonte di sostentamento primario dallo sfruttamento collettivo e regolato di certi beni.
Oggi il dibattito dottrinale su natura, portata ed estensione dei cd. beni comuni si articola tra coloro i quali, pur proponendo una definizione, per così dire, “aggiornata” della nozione di beni comuni (a ricomprendervi, specialmente, quelli cd. immateriali), si muovono, pur sempre, all’interno di un’esegesi dicotomica, pubblico/privato, del diritto di proprietà nella sua attuale portata filosofico-giuridica e coloro che interpretano la categoria dei beni comuni come una “terza via” tra proprietà privata e sovranità pubblica la cui caratteristica comune, sottolineano, è quella di agire secondo uno schema di mero sfruttamento del bene in sé fondandosi, pur sempre, detto diritto su un concetto di suitas di appartenenza/signoria del e sul bene che ne permette l’uso, l’abuso quando non la sua distruzione (terribile diritto). In questo senso la nozione di “bene comune” sfugge da qualsiasi descrizione in positivo potendo, coi limiti insiti in ogni definizione, essere qualificati come quei beni che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali per la vita nonché per il libero sviluppo della personalità (Commissione Rodotà 2007).
Il Pubblico non deve e non può, quindi, ridursi a “proprietà privata dello Stato” con la mera proposizione/riproposizione di modelli autoritativi e piramidali di sfruttamento delle risorse. Bisogna pensare e sperimentare nuove forme di “governo dal basso” dei beni comuni che trascendano l’attuale logica di gestione di detti beni attraverso la delega e la rappresentanza all’interno di un sistema di mera legalità formale. Penso, ad esempio, all’esperienza dell’Azienda per l’Acqua di Napoli, azienda speciale partecipata di diritto pubblico, che, sulla scorta della lotta referendaria per l’acqua bene comune (Giugno 2011), ha, primo esperimento in Italia, svincolato il sistema idrico dalle logiche di mercato impedendo all’amministrazione comunale di alienare le proprie quote come possibile per qualsiasi società per azioni. Penso sempre a Napoli dove Alberto Lucarelli, primo assessore in Italia ai beni comuni, ha, attraverso la Costituente per i beni comuni, dato inizio a un percorso politico-partecipato che intende costruire una nuova forma di azione pubblica locale per tutelare e valorizzare quei beni di appartenenza collettiva e sociale che sono garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini.
Oggi, come sopra ricordato, lo Stato, all’interno di una logica iperprivatistica e neoliberista, è, come dire, praticamente legibus solutus nel privatizzare ed alienare i beni appartenenti alla collettività al di fuori d’ogni giustificazione di pubblica utilità. La disastrosa esperienza inglese del periodo Thatcher e Major (1979-1997) ha inequivocabilmente dimostrato come la dismissione/monetizzazione del Patrimonio appartenente alla Collettività per coprire solo la spesa corrente e/o il debito pubblico comporta un impoverimento generale senza vantaggi duraturi. L’unica forma di resistenza, quindi, contro la spinta alla “privatizzazione selvaggia” di matrice neoliberista e mercantilista è la realizzazione di un concetto “forte” di bene comune con protezione giuridico-normativa di rango costituzionale in controtendenza coi fenomeni di privatizzazione/dismissione di Demanio e Patrimonio Pubblico voluti in questi ultimi anni dai nostri “piccoli padri costituenti”!.
In un tempo globalizzato come il nostro in cui sono le organizzazioni economiche sovranazionali (Fondo Monetario Internazionale, WTO, BCE solo per citarne qualcuna), elites tecnocratiche la cui formazione/selezione prescinde d’ogni forma di democrazia della scelta, a dettare a Stati e Popoli le "linee guida" di politica economico-finanziaria da adottare (di fatto commissariando e tenendo in ostaggio intere nazioni e comunità), lo svuotamento dei poteri dello “Stato-nazione” è la conseguenza di scelte volute e consapevoli dei pochi contro i molti. Bisogna, quindi, rendersi conto che al potere del denaro non basta come contrapposizione solo quello dello Stato nella sua forma, per così dire, novecentesca. Occorre adottare una visione sovrastatuale, globale, (l’A.L.B.A. dei Popoli dell’America Latina, ad esempio, pur tra le sue molte contraddizioni, potrebbe rappresentare un interlocutore così come la collaborazione tra popoli mediterranei e/o del Sud del Mondo).